COSA SONO LE DIGITAL HUMANITIES

Per rispondere alla domanda secondo noi il modo migliore è parlarti di alcuni tra gli ultimi progetti portati avanti nel settore che, nella loro diversità, riescono a dare un’idea dell’ampiezza di questo campo di studi, caratterizzato da un dialogo dinamico e continuo tra la tecnologia informatica e la ricerca umanistica.

 

ATTUALITÀ E PROGETTI

I temi portati avanti sono vasti diversificati e la nostra intenzione non è quella di rispondere in maniera esaustiva, impossibile in poche parole, ma incuriosirti e spingerti a cercare una risposta più completa tra tutti i nostri articoli.

Sulla virtualità:

Virtuonic project:  focalizzato sulle potenzialità delle nuove forme di tecnologie e di visualizzazione del Virtual Humans e sullo sviluppo di relazioni empatiche tra gli uomini reali e quelli virtuali, il tutto attraverso esperimenti sociali in cui si vuole verificare come la VH possa influenzare il comportamento umano
National virtual reality museum for modern art in Libano: sempre nel tema della realtà\virtualità aumentata ma lo scopo di questo progetto è aumentare la fruibilità delle opere d’arte libanesi.

Sulla linguistica computazionale e la letteratura

Obvil: messo a punto da ricercatori dell’Università della Sorbona. Il progetto è stato suddiviso in più fasi: la creazione di grandi database attraverso la digitalizzazione dei corpora, la messa a punto di strumenti di text-mining, la ricerca di pattern ripetuti, la creazione di ontologie per analizzarle semanticamente e infine lo sviluppo di strumenti di visualizzazione dei dati

Cligs, uno studio focalizzato sulla ricerca di metodi quantitativi di analisi per studiare testi letterari e in particolare le differenze testuali tra i vari generi letterari e l’evoluzione di questi nel corso della storia

Time Capsule: l’intenzione del progetto è quella di creare una rete di interconnessione semantica tra una larga quantità di fonti multidisciplinari disperse, in quanto con la mole di dati che abbiamo a disposizione se questi non sono interconnessi non sono di grande utilità. I dati vengono così mappati e inseriti in un database che può essere interrogato dall’utente finale.

Riassumendo potremmo dire quindi che le digital humanities nascono come lo studio letterario realizzato con mezzi tecnologici, in cui l’informatica sarebbe quindi lo strumento per giungere al fine letterario e questo perché nella age of the big data, epoca storica in cui aumenta a dismisura la mole di prodotti e progetti letterari non è più possibile mantenere una close reading, ma è necessario adottare una distant reading, teorizzata da Franco Moretti, ovvero uno sguardo più lontano e d’insieme alla letteratura: questo per potere ampliare il più possibile ciò che si legge e applicare una “lettura da vicino” su quello che realmente è di nostro interesse.

La disciplina che si è formata e sta continuando a definirsi non vuole configurarsi in maniera dicotomica, ma fa di questa unione proprio il suo punto di forza: sono i nuovi strumenti offerti dalle tecnologie emergenti che aiutano gli umanisti a porsi nuove domande di ricerca.

Fonti

Cassella M., Biblioteche di ricerca e digital humanities, Biblioteche oggi, (2017), http://www.bibliotecheoggi.it/rivista/article/view/601
Ciotti F., Modelli e metodi computazionali per la critica letteraria: lo stato dell’arte, Roma, Adi Editore, (2017), https://art.torvergata.it/retrieve/handle/2108/200701/496830/Ciotti.pdf
The European Association for Digital Humanities, Progetti, consultato il 7 giugno 2022, https://eadh.org/projects